Caro, caro Codice
Per alcuni anni quando Carlo, mio cognato, mi chiedeva di accompagnarlo in montagna era sottinteso che “Codice” sarebbe stato della partita. Sento anche Codice se vuol venire, mi diceva Carlo.
Io Codice lo conoscevo dai primi anni del mio rapporto con Adele, i primi anni 80 del secolo scorso.
Era l’esempio che si può vincere la sfida e trovare il proprio posto a questo mondo, nonostante tutto.
La fiducia che Adele riponeva nella possibilità che anche Carlo ne seguisse le orme, mi incoraggiò a conoscerlo meglio. È stata una fortuna.
Per anni, finché Carlo a sua volta riprese in mano la sua vita, Enri, come poi iniziammo a chiamarlo sia Carlo che io, è stato un riferimento, un appoggio, un incoraggiamento.
Da subito la montagna nel suo aspetto, direi, più … contemplativo, unita allo yoga che abbiamo praticato per alcuni anni insieme, e che Enrico ha continuato a seguire per molto tempo ancora, la montagna, dicevo, in particolar modo lo sci, compreso lo scialpinismo, ha rappresentato il terreno di incontro principale, terreno che poi ha accolto Carlo nel tempo del suo ritorno.
Oggi che non c’è più, che tutti e due non ci sono più, so che ogni volta che percorrerò un sentiero, che attraverserò un bosco, che mi arrampicherò su qualche cima, finché potrò, li vedrò precedermi, vicini l’uno all’altro, come altre mille volte, o girandomi in attesa li potrò scorgere, testa china, arrancare su per la salita. Lo so perché così è stato per molte, mille volte.