Ogni mancanza di comodità costitutiva per i ragazzi un motivo di gioco. Per procurarsi l'acqua da bere si doveva percorrere un sentiero che attraversando prati e una boscaglia giungeva ad un torrente sulle cui ripide sponde bisognava transitare e quindi alla sorgente chiamata "el fontanì dela salute".
La comitiva, capeggiata da Adele e composta dai bimbi più grandicelli si incamminava verso sera portando ognuno un recipiente di capacità commisurata alle proprie forze.


Il soffitto del "camerù" era costituito da assi di abete, unico diaframma di separazione dai coppi del tetto.
Il delicato profumo di resina non compensava i disagi vissuti nei giorni di pioggia.
Durante i temporali estivi, per fortuna non frequenti, le inevitabili infiltrazioni di acqua dal tetto del fienile trovavano facile accesso tra le travi nonostante un'approssimativa impermeabilizzazione con del catrame.
Ernelia e Gesuina, aiutate dalle figliole più grandi, Adele e Antonietta, avevano il loro bel da fare ad individuare i punti di infiltrazione seguendo lo scorrere delle gocce, predisponendo secchi, padelle e pentolini per evitare che coperte e materassi si bagnassero. 
Le gocce cadendo in recipienti metallici di diverse forme e dimensioni producevano dissonanze cristalline che col passare del tempo si increspavano e diluivano in uno sciabordio soffuso che si univa al persistente ticchettio della pioggia. Spesso la pioggia si protraeva fino a sera o a notte inoltrata e tutto si zittiva, si acquietava e il sonno giungeva inaspettato.
|