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Gianni quel giorno è in servizio al presidio militare della Fabbrica Armi Regio Esercito (F.A.R.E) di Gardone V.T., si rende conto che qualcosa di grosso sta succedendo: nel pomeriggio il comandante e parte del personale civile non si sono visti, il tenente di picchetto si aggira nervoso tra l'ufficio di fureria e il posto di guardia.  
Verso sera l'ufficiale si presenta in borghese e dice ai pochi militari rimasti di andarsene, non ha ricevuto ordini, ma sa che una compagnia di tedeschi sta salendo da Brescia. Gianni va in fureria e telefona a "la Pesa" dove Ernelia avendo ascoltato il messaggio radio era già in agitazione, e le chiede di prendere degli abiti civili presso sua madre e di raggiungerlo al più presto al presidio.
Così viene fatto e abbandonata la divisa militare, in bicicletta, con Ernelia seduta in canna, raggiungono Inzino. Non sanno cosa fare, si dice che i tedeschi si stanno organizzando per un rastrellamento. I giovani sbandati decidono di trovare momentaneo rifugio in Val d'Inzino verso croce di Marone. 
Gianni li segue e per qualche giorno vagano da una cascina all'altra sotto le pendici del monte Guglielmo.
L'incertezza è grande e l'eco dei bandi che intimano ai giovani in età di leva di presentarsi al comando militare della nascente Repubblica di Salò accrescono sia i timori che la volontà di resistere. Per gli italiani la guerra deve finire qui, è intollerabile il pensiero che si debba continuare, ma la mostruosa macchina da guerra ha preso vita propria e lentamente comincia a divorare i suoi figli.
Mamma Adele si reca in comune e convince il segretario a richiamare ufficialmente Gianni come impiegato necessario all'attività del municipio e venga così esentato dagli obblighi militari.
Così avviene e pochi giorni dopo può scendere a valle e riprendere le funzioni che aveva interrotto per tre lunghi anni.
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